L’usufrutto invece è il diritto di godere ed usare la cosa altrui traendo tra essa tutte le utilità che questa può offrire, con l’obbligo di non mutarne la destinazione economica.
L’usufrutto può avere ad oggetto beni mobili o immobili, crediti, titoli di credito, aziende, universalità e persino beni immateriali. In ogni caso, secondo la dottrina, si deve trattare di beni infungibili o inconsumabili, dovendo l’usufruttuario restituire lo stesso bene alla fine dell’usufrutto.
Nel corso dell’esercizio del proprio diritto, che deve avvenire usando la diligenza del buon padre di famiglia, l’usufruttuario è obbligato al pagamento delle imposte, dei canoni, delle rendite fondiarie e degli altri pesi annuali che gravano sulla cosa. L’usufruttuario, inoltre, si accolla le spese e gli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione ed alla manutenzione ordinaria del bene.
Mentre le spese di straordinaria amministrazione competono al nudo proprietario ( ne ho già parlato in un precedente articolo sul mio blog), quelle di ordinaria amministrazione sono a carico dell’usufruttuario.
Rispetto all’usufrutto, il diritto di abitazione ha più limiti. Il diritto di usufrutto può valere per immobili di varia natura, mentre quello di abitazione è limitato alla sola casa, all’abitazione.
La seconda differenza riguarda la possibilità di cedere il diritto, difatti, con l’usufrutto il titolare del diritto può dare in affitto il bene, mentre per il diritto di abitazione non è possibile sfruttare la casa per ricavare un guadagno.
Altra importante differenza e che il diritto di abitazione non è pignorabile, mentre l’usufrutto si!